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Introduzione e consigli
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F.T. mostra agli intervistatori un libro su Antonio Busetti, giornalista e fondatore della proloco di Spoleto. Fa poi riferimento ad altri fotografi del Festival, Vezio Armellini, Massimiliano De Furia, e suggerisce una serie di contatti possibili, tra cui quello di Lamberto Gentili.
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La vanità e l’invidia |
Parlando del Festival F.T. fa riferimento alla vanità, un sentimento comune tra i suoi colleghi artisti, insieme all’invidia. Secondo F.T. Gian Carlo Menotti, in quanto grande artista, era particolarmente vanesio. A tal proposito F.T. non è critico, piuttosto ricorda con amarezza l’episodio di certi volantini diffamatori contro il Festival, lanciati da un aereo sopra la città di Spoleto: si racconta che l’autore di questo gesto sia stato Luigi Nono. F.T. associa questo evento alla storia più antica di un allievo spoletino di Filippo Lippi, che venne ucciso da suoi colleghi per l’invidia della sua bravura. Segue una dissertazione sul senso della condivisione in arte: il talento degli artisti secondo F.T. deve essere messo a disposizione della comunità, non rivendicato come un vanto. L’intervistato scherzosamente dice di ritenersi a tal proposito mazziniano, più che comunista. Del comunismo non crede sbagliati i principi, ma l’esito: avendo attecchito nei paesi poveri e non nei più ricchi è presto diventato l’equivalente del fascismo.
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I primi anni da Spoletino e l’incontro con l’arte |
Gli intervistatori spingono l’intervistato a raccontare la sua storia come pittore e artista visivo, ma F.T. si sente in difficoltà e si accorda per mandare un testo di presentazione in forma scritta. Sceglie invece di parlare della sua esperienza come Spoletino. Racconta della colonia di mare da bambino malnutrito, subito dopo la guerra nel 1952, e di quando, tornato in città, colmava la nostalgia del mare con la vista della pianura spoletina da Monteluco. Ricorda il rapporto con la madre, legata alla natura, alle piante e alla coltivazione della terra, la sua educazione contadina necessaria alla sopravvivenza. Da bambino giocava “alla guerra” con bastoni e barattoli, ma la povertà la ricorda bene, le parrocchie arrivavano con gli aiuti americani, spesso abiti per bambini da marinaretto, scatole di cioccolata e formaggi. F.T. colloca il suo primo sentimento per l’arte durante le scuole medie, perché nei libri di testo tutta l’educazione, soprattutto quella religiosa, passava attraverso le opere.
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La musica nelle strade e l’arte per tutti |
F.T. lega l’inizio del Festival alla presenza di suoni e di musica che pervadevano la città. Erano gli allievi d’orchestra, o i maestri, che in assenza di alberghi dormivano presso le famiglie, per questo girando per tutte le vie si poteva ascoltare il cantante che scaldava la voce, il suono del violino o del pianoforte uscire dalle case. Anche in Piazza Duomo le prove erano sempre aperte a tutti, per questo Menotti era amato. L’hanno acclamato come il Duca di Spoleto perché hanno conosciuto un intellettuale con il quale potevano parlare, un fatto non comune visto che per la cittadinanza in quegli anni gli intellettuali erano i politici, o i preti, che parlavano dal pulpito. L’intervistato fa poi riferimento al consumismo moderno della cultura e alla pubblicità, che influenza e inganna lo spettatore fragile.
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17:36
La fiera della vanità |
Continua la storia di F.T., la voce persa per un congelamento sulle Alpi e una successiva operazione che gli ha danneggiato le corde vocali. Torna ancora sull’argomento della vanità, raccontando un episodio particolarmente doloroso. Uno scultore di Melfi (Antonio Poppa ndr.) espose al Festival dei Due Mondi, F.T. ricorda di aver acquistato sue piccole opere, ma una volta tornato nel suo studio a Melfi, in una sacrestia, si è tolto la vita su un crocifisso lasciando scritto su un biglietto che a Spoleto, il Festival, era “la fiera della vanità”.
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00:20:26
Sculture in città, 1962 |
Del Festival F.T. dice di essersi accorto negli anni Sessanta. Ricorda la mostra Sculture in città, nel 1962, anche se in quegli anni non aveva nessuna preparazione in arte. Spinto da Eleonora Luciani l’intervistato approfondisce il discorso. Secondo F.T. il modello di Carandente è stato Oscar Niemeyer, che pochi anni prima aveva fondato Brasilia. In ogni caso, nonostante partecipassero artisti famosissimi e di grande livello, F.T. sottolinea che non si trattava esattamente dei più innovativi, mancavano gli esponenti del Nouveau Réalisme di Pierre Restany; ma quelli erano artisti di stampo europeo, e per la mostra Carandente aveva chiamato unicamente artisti americani, come Alexander Calder, poco amato dagli Spoletini.
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00:24:24
Il Teodolapio come il Cavallo di Troia |
A proposito di Alexander Calder F.T. fa riferimento alla scultura Teodolapio e fa notare che il progetto originale dell’artista doveva essere alto 5 metri, ma l’opera è stata sviluppata molto più grande, raggiunge infatti i 18 metri. F.T. la immagina come una manovra della C.I.A., il Teodolapio era il cavallo di Troia, il simbolo ben visibile dell’America che invade l’Europa. |
00:25:17
Ancora sulla vita di Franco Troiani, dopo il militare |
F.T. torna a parlare del suo percorso, in particolare dell’addestramento militare. Si trattava del periodo del golpe borghese, la preparazione era per la guerra nucleare, biologica e chimica. Per F.T. è stato un periodo difficile ma di grande formazione che ha provocato una specie di cesura con il suo passato. Al suo ritorno ha distrutto i suoi disegni, le sue poesie e ha deciso di dedicare la sua vita all’arte con un nuovo approccio.
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00:26:40
Spoleto e la sua storia di conquistatori
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F.T. lega l’unicità e la bellezza del Festival alla storia altrettanto singolare di Spoleto, una città che ha avuto principi e re prima di Roma, durante XIII s. A.C. Purtroppo, dice l’intervistato, è stato celebrato sempre l’invasore, gli etruschi, i romani, i barbari del nord, i longobardi, i franchi, tutti a loro modo fascisti, dice F.T., che hanno vinto le guerre, compresi gli ultimi, gli Americani.
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00:28:40
Imparare a selezionare: i maestri di Troiani al Festival di Spoleto
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R.S.: Quando gli americani arrivavano al Festival compravano i quadri? F.T.: io ho venduto qualcosa, ma non agli americani. F.T. confessa che, soprattutto nei primi anni, molti tra chi esponeva erano dilettanti allo sbaraglio, chiunque pagava poteva avere una bottega ed esporre, anche i più mediocri. Grazie a questa varietà però, ha imparato a selezionare, soprattutto con la guida di altri artisti suoi maestri: Afranio Metelli, pittore spoletino, l’architetto Alberto Zanmatti o il più noto Sol LeWitt.
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00:32.33
Oltre le mostre ufficiali |
Il Festival dei Due Mondi non ha portato a Spoleto solo le mostre organizzate dalla sua amministrazione, quelle gestite da Bruno Mantura, Giovanni Carandente o Bruno Tomassoni. F.T. ricorda gli eventi sulla Rocca Albornoziana, a partire dal 1972 con Filmperformances, con artisti come Lawrence Weiner o il già nominato Sol LeWitt, portato dalla gallerista Marilena Bonomo. Si tratta di eventi poco documentati proprio a causa dell’inconsapevolezza e l’incompetenza della maggioranza.
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00:36:42
Incertezze e ancora storia personale |
F.T. si interroga sul senso della nostra intervista, e fa fatica a tenere il filo nel tentativo di ricostruire una storia precisa. Rassicurato che l’interesse della ricerca riguarda la sua esperienza più intima con il Festival torna sulla sua storia: racconta la crisi dopo i fatti di Chernobyl, il suo cambiamento come uomo e come artista, parla del suo lavoro, delle varie edizioni di Viaggiatori sulla Flaminia, o del più recente progetto, Bestiario PostAtomico.
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00:39:20
Sul teatro e su altri possibili nomi da intervistare: pro o contro Menotti? |
Alla domanda sui suoi rapporti con il teatro F.T. si limita a suggerire alcuni nomi da intervistare: Claudio Lepore, direttore del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, Ottorino Neri, direttore tecnico del Festival, Mario Arcangeli, che ha finanziato in parte il Festival. Il discorso vira sulle possibilità delle successive interviste, F.T. ci avvisa che incontreremo chi era a favore e chi contro Menotti. Tuttavia, come spiega stimolato dagli intervistatori, non si tratta di fazioni rigide e ferme nel tempo. Nei primi anni del Festival Menotti aveva solo sostenitori, per convenienza l’invidia si metteva a tacere, le cose iniziarono a cambiare dopo i primi venticinque anni e, più radicalmente, dopo gli anni Novanta con la morte di Menotti. F.T. fa riferimento a una finta sinistra borghese, trasformista e opportunista.
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00:42:23
La dolce vita di Spoleto |
F.T. si sofferma sull’atmosfera vibrante del Festival. A Spoleto vigeva, in particolare nei primi anni, la libertà sessuale in tutte le sue forme, tutto era concesso. Rodolfo Sacchettini chiede se la cittadinanza perdonasse a Menotti i suoi eccessi in questo senso. F.T. lo conferma, Menotti era il duca di Spoleto, e quella che creava in città era una vera e propria “dolce vita” da invidiare. F.T. fa riferimento agli attori che passeggiavano per le strade, Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini, i più solitari, ma ricorda soprattutto le serate nelle trattorie con il coreografo Antonio Gadias e tutta la sua troupe che ballava sui tavoli. Vigeva l’euforia e la festa, l’amore libero, gli artisti dormivano presso le famiglie più umili, si innamoravano tra di loro e con i giovani della città. F.T. racconta che quando gli operai scioperavano Menotti faceva in modo di farli salire a teatro, c’era amicizia e rispetto reciproco, per questo era amato.
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00:51:00
Festival fuori o dentro? |
F.T. ricorda che Menotti era “contro” gli attori di strada, che molto spesso partecipavano al Festival non ufficialmente (F.T.: “«devono venire a teatro», diceva Menotti”. F.T. sospetta fosse una specie di gelosia, come quella che in qualche modo provava per le boutique, in fin dei conti poco tollerate dal maestro. Per la maggioranza degli spoletini il Festival si riduceva al concerto finale in piazza, tuttalpiù al balletto, ma il Festival era per tutti soprattutto il giro per i negozi, tutto ciò che accadeva “fuori” dai teatri. Per questo, forse, Menotti, non voleva che persino il teatro stesso finisse in strada.
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00:54:29
Una brochure dal 1977
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F.T. mostra agli intervistatori una brochure del 1977, si tratta della mostra cinematografica fatta a Villa Redenta in memoria di Luchino Visconti. |
00:55:30
Altri contatti |
F.T. consiglia altri nomi e contatti: Massimo Stefanetti fotografo per passione e consigliere regionale della regione Umbria; Stefano Massani (figlio di Virgilio Massani, un altro fotografo purtroppo deceduto) che possiede un archivio di fotografie molto importanti, Klemes Kloppfestain registra tedesco che durante i primi anni seguiva il Festival dormendo sulle panchine.
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00:01:05
Bartabass, Zingarò e Francis Menotti |
F.T. racconta dell’arrivo a Spoleto di Bartabass e Zingarò, portato al Festival nel 1996 (1999 ndr) da Francis Menotti. Il cavallo girava in tondo per un’ora, per Franco era una poesia simile a quella dei dervisci, ma la politica lo criticò scandalizzata. Stimolato dagli intervistatori F.T. conferma che Francis, che venne scelto da Menotti quando Visconti sceglieva Helmut Berger, non ha distrutto il Festival come molti suggeriscono. Francis non era un’artista, non aveva la stessa visione e la stessa cultura del padre, ma aveva gli stessi legami, contatti, e amicizie nel mondo dell’arte, per questo scelse sempre nomi interessanti negli anni che ebbe il Festival in mano.
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01.09:03
Chiusura sull’invidia
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L’intervista si chiude, dopo gli ultimi contatti suggeriti, così come è iniziata. Secondo F.T. Menotti ha combattuto ogni anno contro il male più grande dell’arte: l’invidia, quella della politica, degli intellettuali e quella degli artisti.
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Interviews may only be reproduced with permission by ORMETE Citation Intervista a Troiani Franco, di Luciani Eleonora e Sacchettini Rodolfo, Palazzo Mauri, Spoleto, il 27/06/2024, Progetto “Festival fra locale e globale. Ripensare la scena italiana fra gli anni ’50 e gli anni ’70 (PRIN 2024)”, Collezione Ormete (ORMT-14), consultata in URL:< https://www.testpo.ormete.net/../..>, (data di accesso).
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